Sempre la notizia della morte ti lascia un senso di incredulità e ti sembra, come si dice, ieri che stavi lì a parlare, ridere, rievocare, vivere con una persona che invece non c’è più. Ma è sempre vero, purtroppo, e oggi se n’è andato Nestore Morosini. Anzi, Nestore, perché come tutti i grandi era conosciuto solo per nome. Era una forza della natura, Nestore, che ha vissuto a 300 all’ora, la velocità delle auto di cui scriveva sul Corriere della Sera. Gli dobbiamo tantissimo tutti: i lettori del primo quotidiano italiano, che per quarant’anni ha informato quotidianamente, puntualmente, esattamente; un mondo, quello dell’automobile, che quando lui vi si è dedicato, anni Settanta, era ancora pane e salame, per divenire poi una macchina da soldi; e tutti noi che con lui abbiamo lavorato e imparato. Era, tra le tante cose, soprattutto questa: un maestro. Era generoso, Nestore, si dava e ti dava. Una qualità rara in generale ma soprattutto tra i giornalisti. Aveva una capacità di scrivere e titolare che non ho più visto. Una velocità incredibile. Scriveva di getto, alla Brera. A volte i pezzi li telefonava soltanto. Ai suoi insegnava questo: velocità ed esattezza. Sregolato in tutto, non potevi non amarlo, anche se andava sempre per la sua strada, nel bene e nel male. Quando venivano i giorni del Gran Premio d’Italia, fuori del suo ufficio appendeva un foglio bianco con sopra scritto: Biglietti esauriti. Per una settimana contava più del direttore. Creò sul Corriere la pagina dei motori e poi inventò il Corriere Motori, un inserto settimanale che con le identiche iniziative di Repubblica e della Stampa ha segnato un’epoca irripetibile nel mondo dei motori e contemporaneamente l’apogeo per un settore che, da allora, è andato sempre più impoverendosi, culturalmente ancor prima che economicamente. Aveva un entusiasmo pazzesco, infantile, che unitamente alla simpatia era ciò che ha conquistato chiunque l’abbia conosciuto, da Enzo Ferrari al più sconosciuto dei lettori. Lo ha avuto fino all’ultimo. Non ha mai smesso di scrivere: per una volta è stato un bene, perché Nestore non ha mai imposto la sua versione, non si è mai messo prima della notizia o dei protagonisti; lui, che era un mattatore nella vita, sulla pagina sapeva trattenersi al ruolo del cronista, che è soprattutto testimone. Anche questa, in un tempo che parla quasi sempre a sproposito, è grandezza.
Un giorno, eravamo in redazione e io ero un ragazzo, mi disse: Vieni. Era pomeriggio. Mi portò al cinema, a vedere un film. Se tuo padre ci vedesse, disse sedendosi sulla poltroncina e scoppiando a ridere. Dopo, tornammo in redazione e lui scrisse il suo pezzo dell’indomani. Era semplicemente matto.
Ciao Nestore, ti vorremo bene sempre e in questo giorno incredibile e duro abbracciamo Ivana, la donna della tua vita.
Luca Delli Carri per Scuderia Club Italia