“Sembrerebbe un’ottima intuizione di marketing, un oggetto del desiderio nato a tavolino. Ma la Monster è una cosa che va oltre il marketing. È un riflesso di quello che stava succedendo nella nostra società in quel momento. All’epoca la gente aveva bisogno di semplicità. Venivamo dagli anni Ottanta, nei Paesi industrializzati c’erano gli eccessi di tutti i tipi. C’era il bisogno di ritornare a qualcosa di semplice, non però di una semplicità banale, ma ricca nei contenuti”.
Miguel Galluzzi
Non poteva esserci moto più giusta, per il debutto nel mondo delle ruote del Club Italia. Che per il suo intento sceglie la più iconica e rivoluzionaria motocicletta degli anni Novanta: la Ducati Monster, che di fatto ha dato origine a un segmento di mercato, quello delle Naked. Il modello è stato firmato da un geniale designer argentino, Miguel Galluzzi, ai tempi in cui la Ducati era ancora di proprietà dei fratelli Castiglioni e quindi nell’orbita Cagiva.
“Allora nei centri stile gli schizzi che facevamo delle nuove moto erano tutti di moto carenate, con plastica dappertutto”, racconta Galluzzi, estroso quanto le sue creazioni. “Poi, un giorno, su un giornale ho trovato una foto di una Ducati 750 F1 completamente spogliata della carenatura, era la versione tricolore 1988, e mi sono detto: Mi piacerebbe avere una moto così, questa sarebbe la mia moto, senza tutta questa plastica intorno. Ho subito fatto uno schizzo e quando sono arrivato in Cagiva, nel 1989, ho fatto vedere i miei disegni e ho detto: Dobbiamo assolutamente costruire questa moto. Sono passati due anni in cui ho disegnato scooter di tutti i tipi e colori, fino a quando, nell’estate del 1991, ho preso un telaio della 851, un motore 900, ho messo i pezzi insieme e ho costruito il prototipo. Ricordo alcuni personaggi della Ducati che dicevano che quella moto non sarebbe servita a niente. Qualcuno disse: Ma… è così? Non manca qualche pezzo? L’ho chiamata Monster perché i miei figli, che all’epoca erano piccoli, giocavano con dei pupazzetti di gomma da collezionare che si chiamavano Monster. La Ducati aveva consultato un’agenzia specializzata, si inventavano le scritte più strane, ma non c’era niente che andasse bene. C’è stato anche chi si è inventato la storia che la moto è stata chiamata Monster perché era brutta che, ma non è assolutamente vero. È bellissima”.
Sì, la Monster era la moto giusta per divenire la prima moto del Club Italia.
Il concetto di estendere al motociclismo la filosofia del club è stato un fatto naturale. Da sempre il Club Italia è portabandiera nel mondo dell’auto italiana, dal 1995 lo è stato anche per la motocicletta. Quell’anno, la Ducati ha infatti prodotto una serie personalizzata limitata a 36 moto del modello Monster 900, con il contributo determinante di Piero Ferrari.
Il “mostro” della casa emiliana è già stato classificato come il prodotto motociclistico status symbol degli anni Novanta. La sua nascita ha dettato una nuova filosofia stilistica nel settore: vera regina fra le naked bike, tanto attuali e di moda sia in Europa che in America. La Ducati M900 Club Italia presenta, oltre soluzioni tecniche estremamente sofisticate tipiche del marchio – il noto bicilindrico a L, il telaio a traliccio e la distribuzione desmodromica –, una verniciatura esclusiva e alcune parti derivate direttamente dall’esperienza delle corse.
LA SCHEDA TECNICA
motore | bicilindrico a L |
distribuzione | desmodromica 2 valvole per cilindro |
raffreddamento | ad aria |
cilindrata | 904 cc |
alesaggio x corsa | 92 x 68 mm |
potenza | 71 cv |
coppia | 74 Nm |
alimentazione | carburatori |
scarico | impianto 2-1-2 |
cambio | 6 marce |
frizione | multidisco |
sospensione ant. | forcella Showa a steli rovesciati |
sospensione post. | progressiva con monoammortizzatore Boge |
peso a secco | 185 kg |
impianto frenante | Brembo, doppio disco anteriore, disco posteriore |
velocità massima | 208 km/h |