Zandvoort. Sabbia, fuoco, fiamme. E un ragazzo che sorrideva sempre. Adam Cooper, il suo biografo, l’ha definito l’ultimo dei piloti gentiluomini. Rebaque, Dumfries, forse lo erano altrettanto, ma gli anni di Piers erano ancora romantici ed è giusto definirlo così. L’ultimo dei gentiluomini. L’ultimo dei romantici. Era il 1970, un anno particolarmente tragico per le corse. Il 21 giugno, cinquant’anni fa oggi, in un rogo che nessun calare di palpebre ha potuto cancellare, se ne andava Piers Courage. Diciannove giorni dopo Bruce McLaren, a Goodwood. Tre mesi prima di Jochen Rindt, a Monza. Ma il fuoco, quel rogo che avvolse lui e la sua De Tomaso 505 al 23esimo giro del Gran Premio d’Olanda, rappresenta un punto di non ritorno. Perché colpiva un ragazzo, com’era avvenuto con Lewis-Evans, certo, ma lo faceva davanti agli occhi di tutti, sullo schermo di un televisore. Come Bandini, a Monaco. Il fuoco era il grande nemico delle corse automobilistiche, allora. Ma il fuoco, le fiamme, il fumo nero che si alza nel cielo olandese, non sono riusciti a oscurare la memoria del sorriso di Piers. Cercate una foto in cui non sorrida. Difficilissimo trovarla. Felice di stare al mondo. Felice di condividere la passione per le corse e i motori con gente come Siffert, Cevert, Ickx, Regazzoni e tutti gli altri. Correvano per il piacere di gareggiare e primeggiare, solo per questo. Durò ancora per poco. Sua moglie Sally era solita compilare la lap chart dei Gran Premi cui Piers partecipava. Quel giorno, al ventiduesimo giro lui transitò al settimo posto. Il giro successivo, Sally compilò l’elenco dei numeri delle auto che via via le sfrecciavano davanti. Si fermò all’ottavo, il numero 23, Beltoise. Non lo scrisse mai più il numero 4, quello di Piers. Gli occhi di Sally, in quel momento, possiamo solo immaginarli. Vinse Rindt. I suoi occhi, sul podio, avvolto nella corona del vincitore, li hanno immortalati i fotografi: erano bassi. Tre anni dopo, la sabbia, il fuoco e le fiamme, Zandvoort, di nuovo, chiese un prezzo troppo alto. Ci portò via, nello stesso, brutale modo, Roger Williamson. È nel loro nome che ancora amiamo questo sport bello e violento.
Luca Delli Carri per Scuderia Club Italia