La lunga estate calda del 1960 fu per Lance Reventlow solo uno dei tanti momenti di un’esistenza fuori del comune. Quello che per qualsiasi altro ventiquattrenne sarebbe stato il sogno della vita, l’apogeo di una passione per non dire di una carriera, per lui rappresentò appena un friccico; il tempo di alzare gli occhi dal contagiri immobile della sua Scarab e già pensava ad altro.
Bellissimo e ricco sfondato, Reventlow è una delle storie che rendono la Formula 1 di un tempo un palcoscenico dove il tempo sul giro non era la cosa più importante, o perlomeno l’unica. Impossibile immaginarlo oggi, quando piloti robotici hanno annullato qualsiasi effervescenza del fattore umano, ma una volta in pista e ai box dei Gran Premi trovavi di tutto. Latin lover, mogli, amanti, milionari e doppiogiochisti dal pelo lungo; perché, come ha recentemente detto Bernie Ecclestone, se fossimo state persone istruite, la Formula 1 non sarebbe mai diventata una macchina da soldi.
In quell’estate 1960 Reventlow dà corso ed esaurisce la propria avventura in Formula. Sua personale, come pilota, e anche come costruttore. Corre con la Scarab, da lui fondata nel 57, e già il luogo è significativo: Venice, California. Molto lontano da caposaldi del settore come Maranello o il sud dell’Inghilterra. per il debutto sceglie Monaco, e non si qualifica. Ci riprova in Olanda, con identico risultato. In Belgio, il 19 giugno, ce la fa: si qualifica al 16esimo posto, a quasi venti secondi dalla pole position fatta segnare da Jack Brabham. La corsa non è epica: si ritira al primo giro, per la rottura del motore. È in quel momento che capisce che è stato bello ma l’avventura è già finita.
Come detto, però, questa parentesi sportiva è niente rispetto al personaggio Reventlow. Che seppure non avesse un gran talento per la guida, va accomunato a figure come i Portago, gli Schell, i Rubirosa, che negli anni Cinquanta resero i Gran Premi materia da rotocalco. Nato a Londra nel 1936, Lance era figlio unico di Barbara Hutton, che all’età di ventuno anno ereditò un patrimonio consistente: 50 milioni di dollari. Ed era il 1933.
Nel 1947 Barbara, che ha avuto una vita sentimentale tutt’altro che noiosa, si lega al principe russo Igor Troubetzkoy, sguardo magnetico e passione per lo sport, che nel 1947 s’incapriccia delle corse, debutta come pilota, fonda la Scuderia Inter con il conte Bruno Sterzi comprando tre FerrarI 166 S, tar le prime auto costruite dalla neonata casa automobilistica. Con una di esse, nella primavera 1948 vince la Targa Florio, assieme a Clemente Biondetti, asso vero. Poi si ritira e si dedica alla pittura. La sua storia con la Hutton finisce nel 1951. Non prima di avere avuto il tempo di plasmare il giovane Lance, che ne seguirà le orme anche se con risultati meno eclatanti.
Il vecchio Igor campò fino a 96 anni. Lance compì appena i 36. la sua avventura si concluse con un incidente aereo sulle Montagne Rocciose, nel 1972. Fu un duro colpo per la madre, Barbara, che sette anni dopo, a 66 anni, morì d’infarto in una suite d’hotel. Del suo patrimonio non erano rimasti che 4 mila dollari. Ma quanta vita nelle loro vene.
Luca Delli Carri per Scuderia Club Italia