Un pilota coi baffi, dicevano i vecchi per dire l’eccellenza di una cosa o persona e in questo caso la guida.
Oggi è il primo novembre ed è anche è il giorno di inizio del Movember, un evento annuale di beneficenza che si svolge in questo mese e chiede a chi vi aderisce di farsi crescere i baffi e donare. Movember (dall’unione delle parole Moustache e November) è anche una fondazione che trova molti sostenitori nei paesi anglosassoni e che raccoglie fondi per la salute mentale dei maschi, la prevenzione del suicidio, il cancro alla prostata e quello ai testicoli.
Prendiamo spunto e parliamo di Nigel Mansell, l’ultimo dei grandi piloti coi baffi, intendendo con l’espressione sia una guida da campione sia i mustacchi veri e propri. Il Leone viene dopo Graham Hill, Clay Regazzoni, Keke Rosberg e Juha Kankkunen. Gente che ha lasciato il segno. Il suo baffo è tosto, come quello del Clay. Così è la sua (loro) guida. Tra l’altro, quest’anno cade il quarantennale del suo debutto in Formula 1: 17 agosto 1980, Österreichring, Gran Premio d’Austria. Un umiliante ritiro per un pilota che nelle successive 15 stagioni vincerà 31 GP e un Mondiale (1992, a 39 anni) e arriverà tre volte secondo in campionato, oltre a conquistare, nell’anno sabbatico preso dalla Formula 1, il 1993, il campionato CART in America.
Viene dall’Isola di Man, un posto dove si corre il Tourist Trophy e i gatti nascono senza coda. Faceva il poliziotto, poi, per fortuna, si mette a correre in macchina. Si batte, perde e vince con e contro duri come Piquet, Senna, Rosberg, Prost. Fino al 2014 è stato il pilota inglese con più vittorie in Formula 1, davanti a gente come Stewart, Clark, Moss, Hill, Surtees. Poi è arrivato Hamilton. Vabbè.
Oggi si è tagliato i baffi ma è rimasto lui. Ecco il Mansell pensiero estratto da un’intervista al Daily Mail.
“Ai miei tempi avere 180 gare alle spalle ed essere ancora vivo significava già aver avuto una grande carriera a prescindere dai risultati. Adesso in macchina si suda appena e quando i piloti scendono dalle vetture sembrano appena usciti dal parrucchiere. In passato diversi piloti di estremo talento rimanevano infortunati dopo un incidente senza la possibilità di tornare a correre. Oggi i giovani possono commettere errori gravissimi senza conseguenze.
Le persone morivano regolarmente in pista e questo poteva seriamente influenzare la tua psiche. Di Villeneuve ero amico, non dimenticherò mai la tragedia a Zolder: ero nell’abitacolo, l’ho visto volare per aria fuori dalla Ferrari e poi atterrare sulla recinzione. Pensai subito che le sue possibilità erano praticamente nulle: è stata la cosa più scioccante cui abbia mai assistito. Ero arrabbiato allora e lo sono ancora.
A Imola nel 94 la morte di Roland Ratzenberger e Ayrton Senna in quel terribile fine settimana fu una catastrofe per il motorsport e lo cambiò per sempre. Nel bene e nel male, perché ha sterilizzato i circuiti di tutto il mondo. Per me è stato un terribile errore. La Formula 1 era uno sport incredibile che premiava se guidavi bene e penalizzava se lo facevi male. Ora è cambiato oltre ogni immaginazione.
Il migliore di tutti i tempi è Fangio, perché quelli che guidavano allora erano veri eroi, non avevano cinture né caschi decenti, ma un serbatoio di benzina tra le gambe che quando sbattevi ti dava il 50 per cento di possibilità di sopravvivere e il 50 di morire”.
Se non li avete, questo mese fatevi crescere i baffi, condividete su instagram e donate su movember.com.
Luca Delli Carri per Scuderia Club Italia