Il 10 aprile 1950, giorno di Pasquetta, in una Sicilia che profuma d’estate, alle ore 11.46 Tazio Nuvolari, al volante di una Cisitalia-Abarth 204A decorata sui cofani per l’occasione con la sagoma stilizzata delle orecchie di un coniglio, prende il via di quella che sarà la sua ultima gara: la cronoscalata del Monte Pellegrino, lo splendido promontorio che da un versante domina il capoluogo siciliano, dall’altro Mondello. Nuvolari, allora in forze nella squadra di Carlo Abarth, affronta e vince (primo nella classe 1100 e quinto posto in assoluto), la sua ultima gara a 57 anni, probabilmente superando le curve con la celebre “sbandata controllata”: un secco colpo di sterzo, le ruote posteriori che slittano verso l’esterno, una controsterzata e via con l’acceleratore a tavoletta.
Quell’ultima performance del pilota di Castel d’Ario, il “Mantovano volante” (copyright Gabriele d’Annunzio, mica uno qualsiasi…), è ricordata anche con una targa commemorativa posta nel 1996 all’inizio di via Pietro Bonanno (proprio il sindaco di Palermo che nel 1903 volle la costruzione della “strada nuova”) che così recita: “Il 9 aprile 1950 nell’VIII edizione della corsa in salita al Monte Pellegrino, a conclusione della sua favolosa carriera, da qui prese il via Tazio Nuvolari […] a ricordo di un grande campione automobilistico quale simbolo ed esempio di audacia, di forza, di leale agonismo”.
Settant’anni fa il mito Nuvolari, con la sua strepitosa vittoria al volante della Cisitalia-Abarth 204A, ha di fatto dato inizio al mito dello Scorpione. Perché si sa, con percorsi imperscrutabili, alla fine, i miti si incontrano sempre.
Tre anni dopo un ritiro mai annunciato, nel silenzio di una mattina di agosto del 1953, Tazio Nuvolari, il pilota che Ferdinand Porsche aveva definito “il più grande del passato, del presente e dell’avvenire”, muore. E mentre il “Mantovano volante”, così come scritto sulla sua tomba, cominciò a correre ancor più veloce per le vie del cielo, dopo il successo conquistato sul Monte Pellegrino, la Cisitalia-Abarth 204A telaio 04/08, opportunamente modificata e diventata Cisitalia-Abarth, proseguì il suo viaggio terreno correndo in altre 18 gare internazionali. Nel 1953 viene venduta a un certo signor E. Ferri, che nel 1954 la cede a J. Saggese che nel 1958 la vende a O. Silich. Nel 1960 passa alla Asociación Argentina de Automóviles Sport come vettura scuola per piloti quindi, nel 1978, diventa di Sergio Lugo che nel 2009 la sottopone a restauro a Buenos Aires presso lo specialista Jose Maria Pedota.
In quel tempo abitavo in via Cramer nel quartiere di Belgrano, in Buenos Aires, ossia vicino a dove si trovava questa Cisitalia Abarth che stava proprio a pochi isolati da casa mia.
Il suo proprietario, Eduardo, ne aveva iniziato il restauro, ma poi aveva abbandonato il progetto. In quel tempo io possedevo una Fiat 1500 con motore Osca carrozzata Fissore, che Piero Dusio importava in Argentina con la marca Cisitalia ed era una vettura che utilizzavo normalmente tutti i giorni. Anche questa, come tutte le mie auto, era in perfette condizioni e ciò fece sì che Eduardo mi proponesse una permuta, con l’aggiunta però altri 1.000 $ da versare in 10 rate.Fu così che portai la 204, smontata ma completa di tutto, a casa mia dove rimase fino al 10 di aprile del 2009, giorno dell’inizio dei lavori di restauro. La mia è stata la prima delle cinque Cisitalia-Abarth ancora esistenti che è stata ritrovata e recuperata. Poi, in poco tempo, ricomparvero le altre quattro restanti: oltre a questa che è qui in Argentina, due si trovano in Giappone e due negli Stati Uniti. Si sapeva che una delle cinque Abarth 204 era stata la vettura utilizzata da Nuvolari prima nella Targa Florio Giro di Sicilia del 2 aprile del 1950, dove si ritirò poco dopo la partenza, poi, il successivo 10 aprile, per la cronoscalata Palermo – Monte Pellegrino, l’ultima corsa del Campione, che chiuse in bellezza la luminosa e lunga carriera del “Mantovano volante”, arrivato (alla veneranda età di 57 anni!) secondo assoluto e primo nella categoria Sport 1100! Però, quale delle cinque vetture esistenti al mondo era proprio quella di Nuvolari? La prima ricerca fatta presso l’ACI di Palermo risultò infruttuosa perché, in quegli anni, le schede di iscrizione non riportavano i numeri di telaio o di motore delle vetture concorrenti. Passò molto tempo fino a quando, una sera, guardando in TV un programma con filmati dell’Istituto Luce che trasmetteva vecchie corse in Italia, notai che alcune immagini erano molto interessanti. Investigando poi su Internet, ebbi modo di vedere proprio nell’archivio dell’Istituto Luce un bel filmato che documentava la visita che Nuvolari fece all’Abarth, quando provò la vettura in vista delle prossime corse in Sicilia. Io ero già in possesso di questi filmati, ma i miei erano tutti muti, sia quelli in 8 mm che in Super 8, in Betamax oppure VHS in DVD, così ascoltai con estremo interesse, e sorpresa, la colonna sonora che accompagnava il filmato, dove il commentatore elencava minuziosamente tutte le modifiche richieste dal “Mantovano volante”.
A quel tempo tenevo le mie Cisitalia in un garage sotto casa. Ci volle poco per scendere le scale, andare sulla vettura, verificare i dettagli, e constatare che tutte le modifiche descritte dal commentatore erano presenti proprio nella mia spider. Da allora, con grande trepidazione, ho incominciato a studiare con attenzione tutte le 204, una per una. Inoltre cercavo di esaminare attentamente tutte le pubblicazioni e le fotografie originali dell’epoca che si riusciva a trovare; giunsi così alla conclusione che la mia, telaio numero 04 rinumerato 08, motore numero 014 (stampigliato sui due lati del basamento come di norma faceva la Cisitalia, mentre la Fiat stampigliava i numeri di motore soltanto su di un lato), era proprio la vettura autentica “ex Nuvolari”, già che tutte le altre 204 non presentano nemmeno una delle modifiche descritte. Ossia:
1. I parafanghi anteriori avevano supporti speciali e bordi allungati per riparare maggiormente i pneumatici verso l’interno vettura, come voleva il nuovo regolamento della categoria Sport.
2. L’appoggia tacco, per il piede del pilota, era in alluminio ricoperto con gomma.
3. Il pedale del freno era stato rinforzato e modificato per favorire la manovra punta e tacco.
4. Le aste dei pedali erano più curvate e più lunghe, per abbassare e posizionare meglio i pedali e così compensare la bassa statura di Nuvolari.
5. La lamiera del parafiamma era modificata al livello della pedaliera.
6. Il parabrezza era reclinabile, per poterlo eventualmente abbatterlo per favorire il flusso d’aria sul viso del pilota e così compensare la dispnea che affliggeva Nuvolari, dovuto alla sua malattia polmonare divenuta ormai cronica.
7. Serbatoio benzina da 90 litri, con l’indicazione della capacità (90 litri) stampigliata su un’apposita piastrina saldata sul bocchettone.Questi particolari ormai “storici” mi fecero capire che mi trovavo tra le mani una delle più importanti automobili sportive esistenti in Sudamerica. Ciò mi spinse a descrivere in un libro tutta la storia della transizione della Cisitalia in Abarth, con molte pagine dedicate espressamente a ognuno degli esemplari Abarth 204 ancora esistenti. Questo modello di vettura sportiva, oltre alla già passata ed intensa attività sportiva svolta in Italia, prese parte anche a molte corse in Argentina, tra cui la 1.000 Km di Buenos Aìres del 20 gennaio 1955, dove affiancò l’altra 204 con telaio n° 07 e motore 018, arrivata nona assoluta e seconda di categoria fino a 1.500 cc. Terminò i suoi giorni come auto sport per la scuola piloti di Buenos Aires, dove fu utilizzata dalla prima scuola di guida sportiva organizzata in Sudamerica dalla Asociacion Argentina de Automoviles Sport (AAAS), che metteva in palio una borsa di studio in Inghilterra per il migliore del corso.
Il 10 aprile del 2009 si incominciò il restauro. L’auto fu affidata all’officina del “Vikingo” Josè Maria Pedota che capitanava i migliori specialisti del settore, Roberto Marenzi, Juan Manuel Pedota e Riccardo Cordaro i quali completarono i lavori di meccanica. La carrozzeria originale, identificata in tutte le sue parti dal numero 3, fu restaurata da Edgardo Torres, detto “El Paisa”, sotto la direzione di Roberto Robbiano e la collaborazione di Alejandro Antunes. Tutto il progetto era stato impostato per far sì che l’auto potesse ricuperare l’aspetto di quando era stata utilizzata, proprio dal grande Nuvolari, nella sua ultima corsa in Sicilia, la Palermo – Monte Pellegrino! Per il completamento degli altri lavori si fece ricorso ai migliori specialisti dei distinti settori, quali Andres Mazzeo per gli scarichi, Antonio De Marco per l’impianto elettrico, Carlos Pugliesi per la tappezzeria, Eduardo Vaisieta per la grafica. Con l’aiuto di tutti, dopo un’avventura durata due anni, sei mesi e sedici giorni, la vettura con cui Nuvolari concluse la sua carriera di grande pilota è giunta così al massimo livello di restauro, quasi maniacale, per la gioia di tutti gli appassionati del “Mantovano volante”, della Cisitalia, dell’Abarth e per la storia vera dell’automobilismo sportivo.
La storia della Cisitalia-Abarth 204A di Tazio Nuvolari arriva ai giorni nostri. Nel 2012 partecipa alla Mille Miglia e viene esposta presso il Museo Tazio Nuvolari e il Museo dell’Automobile di Torino.
Nel 2013, acquistata dal californiano Russell Whiteis, viene sottoposta a tutti i controlli necessari per ottenere il certificato FIA e il Certificato di Originalità dalla Abarth Classiche. Nel 2017 “sfila” al Concorso di Eleganza di Amelia Island, regina tra le bellezze offerte all’incanto nella bella località della Florida dalle principali Case d’asta del mondo.
da ICON Wheels Magazin, 6 maggio 2016
La Cisitalia 204A è un’auto da corsa nata alla fine degli anni ’40, realizzata in soli sette esemplari, capolavoro di leggerezza e aerodinamica che ha coinvolto alcuni personaggi che hanno fatto la storia dell’automobilismo: progettata da Carlo Abarth e dotata di un motore di origine Fiat, monta sospensioni anteriori Porsche e un ponte rigido posteriore ideato da Dante Giacosa.
Il progetto della Cisitalia 204A inizia nell’estate del 1947 quando la Casa torinese pensa ad un’auto da corsa più semplice e meno costosa della 202. Giovanni Savonuzzi (direttore tecnico del marchio piemontese) sviluppa un telaio essenziale – ispirato a quello adottato dalle mostruose Auto Union degli anni ’30 – abbinato ad una carrozzeria aerodinamica (senza fari anteriori per le gare diurne o con gruppi ottici anteriori integrati per le prove endurance) in alluminio che consente di limitare il peso dell’intera vettura a soli 510 kg.
Per quanto riguarda lo schema delle sospensioni viene lasciato al posteriore il ponte rigido della 202 (progettato nel 1946 da Dante Giacosa) mentre all’anteriore arrivano le innovative barre di torsione brevettate dalla Porsche che consentono di ottenere un eccellente comportamento stradale.
Il motore della Cisitalia 204A merita un approfondimento: derivato da quello della Fiat 1100, ha però una potenza decisamente superiore (da 32 a 75 CV). Merito di parecche modifiche: testata in lega di alluminio, lubrificazione a carter secco con doppia pompa, albero motore specifico, aste bilancieri più corte, bronzine maggiorate, bielle alleggerite, valvole di diametro più grande (con quelle di scarico al sodio), accensione con magnete Marelli e diverso rapporto di compressione (da 6:1 a 9,5:1 e poi a 9,8:1).
Il cambiamento più rilevante sotto il cofano riguarda però il collettore di aspirazione specifico abbinato ad un carburatore Zenith, rimpiazzato in seguito da un Weber e poi da due carburatori accoppiati. Grazie a Carlo Abarth, tecnico austriaco sbarcato in Cisitalia per costruire la F1 progettata dallo Studio Porsche e venduta al fondatore della Casa torinese Piero Dusio), la potenza del propulsore arriva a sfiorare gli 80 CV: merito del rapporto di compressione portato a 12,5:1 e di una miscela formata per il 50% da un carburante usato per …gli aerei a reazione. In alcuni casi la sportiva piemontese scende in pista con un 1.2 da oltre 80 CV ma i successi più importanti arrivano con il “millecento”.
La Cisitalia 204A, adatta ai percorsi tortuosi in quanto molto agile ma poco veloce, debutta in gara il 9 maggio 1948 a Vercelli con Ugo Macchieraldo, che ottiene il primo successo con questa vettura a giugno a Mantova. Guido Scagliarini conquista la Biella-Oropa e la Aosta-Gran San Bernardo laureandosi campione italiano Sport nella classe 1100 mentre Piero Taruffi chiude la stagione salendo sul gradino più alto del podio a Senigallia.
All’inizio del 1949 i numerosi creditori Cisitalia chiedono il fallimento dell’azienda e nel mese di febbraio il tribunale dà il via ad un periodo di amministrazione controllata e nomina un commissario. Piero Dusio – fondatore della Casa piemontese – riesce a liquidare tutti i creditori tagliando la produzione della 204A e rinunciando ad altri progetti mentre il 31 marzo Carlo Abarth, nel tentativo di salvare il marchio per cui lavora come direttore tecnico, fonda la Abarth e acquisisce l’intero reparto corse Cisitalia. Nel 1949 la Cisitalia 204A – per motivi legali – corre ancora con il vecchio stemma e permette a Scagliarini (vincitore a Reggio Emilia, alla Susa-Moncenisio, alla Aosta-Gran San Bernardo, alla Pontedecimo-Giovi e alla Biella-Oropa) di laurearsi per la seconda volta campione italiano Sport 1100.
Nel 1950 – anno in cui nasce la Società d’Esercizio Cisitalia (gestita da Carlo Dusio, figlio di Piero, e operante fino al 1963) – la 204A può gareggiare con lo stemma Abarth.
Il 10 aprile arriva la prima vittoria per lo Scorpione grazie a Tazio Nuvolari, primo di classe nella Palermo-Monte Pellegrino, mentre l’11 giugno è la volta del primo successo all’estero con Manlio Duberti primo alla Vue des Alpes in Svizzera. A giugno Emilio Romano porta a casa due trionfi in Portogallo (Oporto e Villareal) e ad agosto tocca a Luigi Valenzano salire sul gradino più alto del podio a Pergusa.
La Cisitalia 204A riesce ad ottenere altri successi nella prima metà degli anni ’50: nel 1951 Romano porta a casa la vittoria di classe alla Targa Florio, nel 1952 Carlo Bartocelli trionfa alla Palermo-Monte Pellegrino, nel 1954 Giuseppe Balestra conquista la Coppa Pasubio e l’anno seguente ottiene l’ultimo successo per la sportiva torinese alla Trieste-Opicina.
da Il Giornale di Sicilia, 4 novembre 2004
Le origini sportive della cronoscalata sono legate alla cosiddetta “strada nuova”, la prima carrozzabile per salire sul monte che affiancò nel 1924 la scalinata in pietra della tradizionale acchianata verso il Santuario. Fu inaugurata da Benito Mussolini, il 7 maggio di quell’anno, in una giornata di scirocco con l’afa che faceva sbiadire con una nebbiolina la vista panoramica. Era il tricentenario della scoperta delle reliquie di Santa Rosalia. Il 14 settembre dello stesso anno, la prima gara, organizzata e vinta da Vincenzo Florio su una Steyr in 7 minuti e 59 secondi. Si trattava di una vettura tedesca dal bello stemma optical a cerchi concentrici. […]. Primo tra le vetture turismo fu Michele Ciuppa su Ansaldo in 9’23” 2/5. In effetti la “Monte Pellegrino”, sempre grazie a Florio, aveva vissuto un prologo nel 1908 e la storia s’intreccia ancora a quella della “strada nuova” la cui costruzione era stata voluta nel 1903 dal pro sindaco Pietro Bonanno, a cui è ancora oggi intitolata […]. Vincenzo Florio con il suo comitato Panormitan ideò la Coppa Monte Pellegrino sul tratto di strada già realizzato di circa 4,3 chilometri. Più che una gara una sfida: chi voleva tentare, passava dal comitato e chiedeva un commissario “per tentare l’ascensione” del monte su quella strada in pessime condizioni. Il record passò da Airoldi (10’27”) al marchese De Seta (10’22” e 1/5) e poi all’anglo-palermitano Olsen (10’10″l/5), finché Vincenzo Florio chiuse la sfida il 7 settembre salendo in 10’08” 2/5 con una De Dion Bouton.
Dal 1924 in poi la gara si disputò con regolarità per cinque anni, organizzata dall’Automobil Club Sicilia di Florio, in via Catania 2, dove i concorrenti si recavano per ricevere il numero di partenza e la pittura per dipingerlo sulla carrozzeria. Il percorso era dal Dazio delle Falde al piazzale del Santuario, poco più di 8 chilometri e mezzo. Nel 1925 vinse Beppe Albanese, un pilota gentleman, con a bordo il meccanico Verde, su Bugatti;, la Steyr fu attardata da problemi di accensione, Florio giunse solo terzo. L’anno successivo, alla gara per vetture (vinta ancora dalla Bugatti di Albanese) si affiancò quella per motociclette (primo Sanseverino su Harley Davidson). Il cronista del Giornale di Sicilia, Angelo Bonanno, lodava i «magnifici virages» ma criticava il disastroso stato della strada: una costante di tantissime edizioni. C’era anche una medaglia per la migliore guidatrice: nel 1925 vinse Giovanna Albanese, l’anno dopo Nina Lo Bue. Il record di Florio del 1924 fu battuto nel 1928 da Amedeo Sillitti su Alfa Romeo in 7’46” 1/5 ma i concorrenti erano appena nove. La gara riprese nel 1937, il 20 agosto, con una edizione in notturna. I concorrenti erano solo dodici e si arrivava alla terrazza del castello Utveggio, un percorso più corto: 6,4 chilometri. Vinse Paolo Di Pietra su Aprilia.
La corsa ritornò nel dopoguerra, il 18 luglio del 1948. “Con i miei amici Raimondo Lanza di Trabia e Stefano La Motta”, racconta il barone Antonio Pucci […] “andammo dal presidente della Regione Alessi per chiedergli i soldi per il Giro di Sicilia. Lui ci disse che saremmo dovuti passare anche da Caltanissetta ed Enna e ci diede 4 milioni. Avanzarono 800.000 lire e tornammo per restituirle. Lui ci disse di fare un’altra manifestazione e così riprese la Monte Pellegrino”. Vinse il barone Stefano La Motta con la Cisitalia in 6’50”. […]. Ancora il munifico Lanza di Trabia, futuro presidente del Palermo, mise in palio la Coppa “Achille Varzi” in memoria del campione morto sette giorni prima sul circuito di Brèmgarten a Berna. […]
La corsa crebbe sempre più nella partecipazione. Particolare l’edizione del 1950, l’ultima gara di Tazio Nuvolari. Una settimana prima si era ritirato nel Giro di Sicilia, sfinito su un letto di un hotel di Castelvetrano con il caschetto da corsa ancora sulla testa. Aveva 57 anni e soffriva ai polmoni. Era il 10 aprile, giorno di Pasquetta. I palermitani deliravano per il vecchio “Nivola” che salì la montagna con una Cisitalia Abarth da 1089 centimetri cubici inferiore alle auto degli avversari, come la Ferrari 2000 di Luciano Musso che vinse. Tre anni dopo Nuvolari sarebbe morto a Mantova. La popolarità della corsa, intanto, cresceva sempre più. Era la gara di tutti gli appassionati, non solo dei campioni. Per cercare di disciplinare il pubblico fu stabilito di pagare un biglietto. Tra i plu-rivincitori il catanese Nicola Musmeci e il palermitano Luigi Bordonaro che portò il record nel 1955 a 5’28”. Quell’anno i partecipanti erano 98, tra cui ben tredici Fiat 600; nel 1962 i concorrenti salirono a 117. A questo punto della storia non poteva mancare Nino Vaccarella, che nel 1959 dimostrò il suo eccezionale talento vincendo il 7 maggio la Valdesi-Santa Rosalia (intanto era stata aperta la strada sull’altro versante) e sette giorni dopo la Monte Pellegrino, primo pilota ad infrangere il muro dei cento all’ora di media. “Quella strada – racconta Vaccarella – è stato il mio campo di addestramento. Dopo il cinema, di sera, si andava a provare sui tornanti ed era una serie d’incontri fra amici. Stavamo anche fino alle due di notte. Vincere quella gara fu realizzare un mio sogno di bambino. La strada era impegnativa nel tratto finale: se sbagliavi finivi nella discesa di Mondello. Vinsi con una Maserati, battendo il campione della montagna Covoni, cosa che mi lanciò in campo nazionale. Luigi Bordonaro mi aveva consigliato di tenere i rapporti lunghi per cambiare meno, ma telefonai a Modena dove Berlocchi mi confermò di gareggiare con i rapporti corti. Aveva ragione e ottenni un tempo che resistette per 4-5 anni”.